Assaka-Jataka. Lasciar andare il passato: un racconto per riflettere

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I Jātaka (devanāgarī: जातक), o vite anteriori del Buddha (da jāti, vite anteriori) sono una raccolta di 547 storie di altrettante vite anteriori del Buddha storico contenute nella sezione Khuddaka Nikaya del Sutta Piṭaka del Canone pāli del Canone buddhista.

La storia riportata di seguito è tratta dalla Sezione Dukanipāta.

Un’occasione per riflettere sul nostro rapporto con il passato e i cicli che si chiudono. In un intreccio tra vita, morte, amore, attaccamento, disperazione e rinascita, Assaka-Jataka è una breve lettura particolarmente adatta per questi primi giorni di Gennaio, in cui lasciamo indietro l’anno vecchio e i giorni passati, mentre si dischiudono per noi nuovi orizzonti di possibilità.

Una volta a Potali, città del regno di Kasi, regnava un re di nome Assaka.

La regina consorte, di nome Ubbari, era la sua cara e diletta sposa: bellissima e seducente, ella superava i confini dell’umana bellezza raggiungendo quelli della bellezza divina. Un giorno ella morì e in seguito a questa morte il re, sopraffatto dal dolore, divenne infelice e malinconico. Fece deporre in una bara la salma imbalsamata con olio di sesamo e la fece mettere sotto il suo letto, su cui egli si coricò senza voler più mangiare, continuando a piangere e a lamentarsi.

Genitori e parenti, amici, ministri e cortigiani, tutti lo esortavano a non affliggersi. “Tutto finisce a questo mondo!”, gli dicevano, ma con le loro parole non riuscivano a dargli pace.

Il re passò sette giorni di cruccio.
A quel tempo il futuro Buddha era un asceta…, viveva nella regione del Himalaya ed esercitando il potere di osservazione rivolse il suo occhio divino alla Terra della Melarosa e vide il re che piangeva a quel modo. Decise allora di aiutarlo e, col suo potere sovrannaturale, si alzò in volo nel cielo e discese nel parco reale dove andò a sedersi su un regale sedile di pietra: il suo aspetto era quello di una statua d’oro.

Avvenne che un giovane brammano della città di Potali, recatosi al parco, vide il futuro Buddha e, riveritolo, gli si sedette accanto. “Perché non liberate voi il re da questo tormento?”

“Io non conosco il re, o giovane, ma se egli verrà da me e me lo chiederà, io gli indicherò il luogo in cui la sua sposa è rinata e la farò anche parlare con lui”.
“Bene, venerabile, aspettate qui finché vi porterò il re”.

Il re, felice al pensiero di poter vedere Ubbari, salì sul suo carro e si recò dal futuro Buddha…e gli domandò: “E’ vero, come mi hanno detto, che voi conoscete il luogo in cui è rinata la mia regina?”.

“Certo, maestà”.

“Dove è rinata?” incalzò il re.

“Ella, o gran re, orgogliosa com’era della sua bellezza, era caduta nella negligenza trascurando di compiere buone azioni. Perciò è rinata in questo stesso parco come insetto stercoario”.

“No, non ci credo!” gridò il re. “Ebbene io te la farò vedere e la farò parlare”.

“Sì, fatela parlare!”.
Il futuro Buddha con il suo potere sovrannaturale ottenne che al suo comando una coppia di insetti che brulicavano intorno ad un pezzo di sterco di vacca uscissero per presentarsi davanti al re. Il futuro Buddha, indicando al re uno dei due, disse: “Quella, o gran re, è la regina Ubbari: è uscita dallo sterco seguendo il suo consorte. Guardala!”. “No venerabile! Non posso credere che Ubbari sia rinata come insetto del letame!” Gridò il re. “La farò parlare maestà!”.

“Ubbari!”.

Quella con voce umana, rispose: “Che cosa volete, venerabile?”.

“Chi eri tu nella tua passata esistenza?” le domandò.

“Venerabile, io ero Ubbari, regina consorte del re Assaka”.

“E ora, dimmi, ami di più il re Assaka o questo insetto del letame?” continuò il futuro Buddha.

“Quella era la mia precedente nascita, signore: allora io passeggiavo col re in questo parco, godendo di tutto ciò che percepiscono i cinque sensi; ora però, dal momento che i miei ricordi sono confusi a causa della rinascita, che cosa rappresenta egli più per me? Ora io, se uccidessi il re Assaka, farei bagnare i piedi dell’insetto mio consorte col sangue che sgorga dalla gola del re”.

Ciò detto, recitò davanti a tutti questi versi con linguaggio umano:
“Questo era il luogo che frequentavo con il re Assaka,
lo sposo mio caro che mi amava e che amavo.
Ma il passato è messo in ombra da nuove gioie e da nuovi dolori,
perciò il mio verme mi è molto più caro del re Assaka!”
A queste parole il re si pentì e fece immediatamente portar via la salma della regina. Poi si lavò il capo e, riverito il futuro Buddha, fece ritorno in città. Qui prese un’altra donna come regina consorte e regnò con giustizia.

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